Tra gli esercizi consigliati per il benessere psicofisico da segnalare i 5
TIBETANI. I "Cinque
Tibetani" sono un gruppo di esercizi di genuina integrazione psico-fisica
descritti nel libro omonimo, scritto da Peter Kelder ed edito in Italia dalle
Edizioni Mediterranee.
Distillando l'essenza di questi esercizi dal mosto della narrazione del libro,
si osserva che essi, pur nati in oriente (in effetti ricordano molto alcune
posizioni di yoga), presentati secondo una prospettiva di "flussi energetici",
sono, in ogni caso, tra i più efficaci esercizi generali combinati di
stretching, sforzo isometrico/isotonico e attivazione della respirazione che ci
è dato a conoscere.
Come movimenti di riscaldamento per qualsiasi attività fisica sono perfetti. Qui
di seguito il video che mostra l'esecuzione dei riti; poi la spiegazione
dettagliata di ogni singolo esercizio.
1 Posizione: in piedi, a braccia larghe, palme rivolte verso il basso. Azione: ruotare su se stessi in senso orario, vale a dire il braccio
sinistro ruota verso destra.
Se c'è capogiro, eseguire le rotazioni molto lentamente. Si fa presto
l'abitudine e si eseguiranno le rotazioni sempre più velocemente, con
naturalezza. Fissare sempre la punta di una mano aiuta a non avere capogiri,
sia durante il movimento sia nella fase di arresto.
Hata Yoga:
TADASANA
(posizione della montagna, variante)
Hata Yoga:
SHAVASANA
(posizione del cadavere)
Hata Yoga:
posizione del pilastro, variante
2 Posizione base: distesa a terra, supina. Braccia lungo i fianchi. Azione: sollevare contemporaneamente le gambe fino alla verticale
(piedi flessi a "martello") e la testa verso i petto. Spalle, schiena e
bacino rimangono a contatto con il suolo. Inspirare durante la flessione ed
espirare nella fase di distensione.
Se risulta difficile alzare e abbassare le gambe distese, si può piegare le
ginocchia durante i movimenti, per impegnare meno i muscoli addominali.
3 Posizione base: in ginocchio, mani appoggiate all'apice delle cosce,
piedi con le dita flesse e in contatto con il suolo, testa appoggiata al
mento. Azione: inarcare all'indietro testa, spalle e schiena. Inspirare
quando si inarca ed espirare nel ritorno alla posizione base.
Aprire la bocca nell'inarcamento aiuta respirare e a distendere i muscoli
anteriori del collo.
Hata Yoga:
USTRASANA
(posizione del cammello)
Hata Yoga:
PURVOTTANASANA
(posizione dell'Est o
dello stiramento anteriore)
4
Posizione base: seduta, gambe distese e leggermente divaricate, tronco
eretto e palmi appoggiati a terra. Azione: piegare le ginocchia, sollevare il bacino e rovesciare
indietro la testa (bocca aperta!), inspirando. Tornare in posizione base.
5
Posizione base: prona, il contatto con il suolo è dato dai piedi a dita
flesse (vedi esercizio 2) e dai palmi rivolti in avanti. Testa rivolta
all'indietro. Il bacino gli arti inferiori sfiorano il suolo senza toccarlo.
Azione:spingere il suolo con le mani e sollevare il bacino, flettendo
l'addome, inspirando. Espirare tornando alla posizione base.
Conviene eseguire il movimento (ma vale anche per tutti gli altri!) a piedi
scalzi e su superficie non sdrucciolevole.
Hata Yoga:
URDHVA MUKHA SVANASANA
(posizione del cane
con la testa in su)
Hata Yoga:
ADHO MUKHA SVANASANA (posizione del cane
con la testa in giù)
PRECISAZIONI
IMPORTANTI
Respirazione
All'opposto di quanto si fa di solito nei movimenti di esercizio fisico intenso
(tipico il lavoro con i pesi e le macchine, in palestra), nei Tibetani si
inspira quando si fa l'azione di contrazione e si espira in distensione (es. nel
n. 2 si inspira quando si portano le gambe in verticale e si espira quando le si
riabbassa a terra).
Progressione e
ripetizioni
La pratica dei Tibetani si inizia con 3 ripetizioni per ogni esercizio (cioè 3
rotazioni, 3 volte le gambe su e giù ecc.). Normalmente si può aggiungere 2
ripetizioni ad ogni esercizio ogni settimana, fino a un massimo di 21
ripetizioni.
L'esecuzione completa degli esercizi in 3 ripetizioni prende meno di 5 minuti.
La durata sale a circa 15 quando se ne fanno 21 in tutta tranquillità.
Nulla vieta di rimanere anche più settimane con lo stesso numero di ripetizioni,
finché non ci si sente perfettamente a proprio agio nell'incrementare il numero.
E' importante la regolarità, non la quantità.
Se si salta l'esecuzione per un giorno su tanti si può mantenere sempre lo
stesso numero di ripetizioni. Se l'interruzione arriva a una settimana,
diminuire di 2 o 4 le ripetizioni, come ci si sente.
In caso di interruzioni superiori al mese il buon senso impone di ricominciare
da 3.
Come eseguirli
Le fotografie illustrano le posizioni di partenza e quelle "ideali" di arrivo.
Se fisicamente non si riesce a raggiungere una o più posizioni, non è affatto
tragico: l'importante è conservare l'attitudine mentale a raggiungere la
posizione ed eseguire correttamente la respirazione. Anche se sono una splendida
miscela di stretching e lavoro isometrico e isotonico, i Tibetani non vanno
pensati come la nostra classica ginnastica: non è importante quello che si
fa, ma l'attenzione e la presenza nell'esecuzione. Sono da considerare
uno spazio che ci prendiamo per prestare attenzione a noi stessi.
Pensare "Inspiro energia e nutrimento, espiro tutto quello che non mi serve"
aiuta a calmare la mente e a educarla a percepire la profonda saggezza ed
efficacia di questi movimenti.
Quando
eseguirli
I Tibetani sono da praticare tutti i giorni. Non ha importanza quando, ogni
orario della giornata va bene, meglio a stomaco non troppo impegnato. Al mattino
danno una bella carica per la giornata, alla sera predispongono a un buon sonno.
Se non si ha dimestichezza con l'esercizio fisico intenso o ci si sente
"anziani" e "acciaccati", se si avverte fatica o disagio o non si ha abbastanza
tempo, si può spezzare l'esecuzione in più momenti della giornata (es. due
esercizi al mattino e tre alla sera...).
IL PUNTO DI VISTA DELLA
MEDICINA
Il dottor
Bowen, che pratica da più di 15 anni, ha formulato una spiegazione molto precisa
sul perché e sul modo in cui i Cinque Riti apportano questi benefici : “La somma
totale degli input e degli output neurologici del corpo in un momento dato si
chiama stato integrativo centrale. Pensate ad esso come a un conto corrente. I
“depositi” provengono dai recettori meccanici, i nervi sensori specializzati
delle articolazioni. La più alta densità di questi recettori meccanici si trova
nell’area della testa e della parte superiore del collo, e quasi tutti i Riti
comprendono un qualche tipo di flessione o estensione del collo. Questi nervi
forniscono un flusso costante di informazioni sensorie al cervello. Il movimento
dell’articolazione stimola i recettori meccanici, e ciò accresce l’attività nel
cervelletto e nel talamo. Queste parti del cervello integrano tutte le
informazioni in arrivo e regolano il sistema nervoso simpatico e quello
parasimpatico, il quale controlla le azioni involontarie, automatiche del corpo,
come le funzioni di cuore, polmoni, intestino e ghiandole.
Più “depositi” si fanno, migliore sarà l’equilibrio e più opzioni si avranno. La
carenza di stimolazione, ad esempio quando una persona è confinata a letto per
un lungo periodo di tempo, ha come risultato una diminuzione del “saldo del
conto”.
Secondo il
dottor Bowen, una delle cose che maggiormente contribuiscono al prematuro
invecchiamento ed alle malattie croniche è la nostra vita sedentaria. La carenza
di movimento provoca un rallentamento sensorio che influisce su ogni sistema
corporeo. Quando i nervi sensori non ricevono alcun segnale, essi iniziano ad
atrofizzarsi, e ciò porta ad una interruzione nelle altre funzioni. “I Riti
funzionano stimolando i recettori meccanici e rafforzando lo stato integrativo
centrale, che a sua volta influisce sul sistema immunitario, sulla digestione,
sulla respirazione, sull’attività cardiovascolare e sull’evacuazione. Ecco
perché la pratica dei Riti può diminuire la possibilità di contrarre l’influenza
o il raffreddore, può ritardare il sorgere di malattie degenerative associate
con l’invecchiamento, ed avere un effetto benefico su molti disturbi diversi,
dall’artrite ai problemi di sinusite.
Una circolazione migliore incrementa il flusso sanguigno, specialmente al volto,
portando ossigeno fresco ed elementi nutritivi alla pelle e trasportando via i
prodotti di scarto. Naturalmente, la pratica quotidiana dei Riti, che stimola il
sistema nervoso, che a sua volta controlla il sistema circolatorio, contribuisce
a un aspetto più giovane e migliore.
I vari medici
interpellati ritengono che il miglioramento della circolazione prodotto dai Riti
aiuti il corpo a liberarsi dalle tossine, prodotti di scarto e impurità che sono
immagazzinati nel tessuto grasso, negli organi e nelle articolazioni. Altri
focalizzano l’attenzione sul fatto che i Riti generano un migliore flusso di
ossigeno verso il cervello, la qualcosa migliora la sua capacità di
funzionamento. Molti sono convinti che la stimolazione dei chakra, o centri di
energia, rappresenti di fatto una stimolazione del sistema endocrino.
“La
collocazione dei chakra lungo la colonna vertebrale corrisponde a quella delle
maggiori ghiandole endocrine”, spiega il dottor David Selman. “Queste ghiandole
aiutano a mantenere l’equilibrio omeostatico della struttura chimica corporea e
le sue funzioni automatiche. La tiroide e l’ipofisi, che sono legate alla
produzione dell’ormone della crescita associato all’invecchiamento, fanno parte
del sistema endocrino. Esse sono situate nell’area della testa e del collo, ed i
Riti funzionano ottimamente impegnando quella zoza ed attivando quelle
ghiandole. Negli studi scientifici, l’introduzione di piccole quantità di questo
ormone della crescita ha dimostrato di rallentare il processo di invecchiamento.
Nel 1978, R.
Keith Fallace, fisiologo dell’UCLA, dimostrò gli effetti diretti della
meditazione sull’invecchiamento. Egli misurò tre parametri biologici : la
pressione sanguigna, la vista e l’udito.
Tutti e tre questi fattori migliorarono con la pratica continua, e Fallace
affermò che in questi casi l’età biologica stava strutturalmente operando a
rovescio. Coloro che avevano praticato le meditazione per meno di cinque anni
avevano un’età media biologica che era funzionalmente inferiore di cinque anni
rispetto all’indicazione della loro età cronologica. Ma in coloro che avevano
praticato le meditazione per più di cinque anni fu rilevata un’età funzionale
biologica fino a dodici anni più giovane. In altre parole, la meditazione
praticata regolarmente abbassa la vostra età funzionale, rendendovi di fatto più
giovani.
Se gli esercizi sono praticati intensamente, dopo un tempo abbastanza lungo essi
cominceranno a provocare cambiamenti ancora più importanti nel modo in cui
l’energia circola in questa parte del corpo. La digestione migliorerà, e quindi
il cibo verrà assimilato più efficacemente, il che porterà a mangiare di meno.
In seguito a ciò, la salute migliorerà e la vitalità sarà intensificata e quindi
avrete un aspetto migliore, vi sentirete meglio e probabilmente più giovani.